Lo Tsunami orientale: come le manifatture asiatiche stanno schiacciando l’industria italiana

industrie-italianeSe si gira per le strade di ogni città italiana si può notare una cosa in comune: le aziende italiane chiudono, quelle cinesi prosperano. Ovunque ci sono tanti negozi e negozietti “made in China” che si arricchiscono e si ingrandiscono, proponendo magari prodotti “made in Italy” (anche se fatti in fabbriche completamente cinesi, la cui unica peculiarità italica è quella di trovarsi entro i confini nazionali).

Perché questa tendenza? Come mai le manifatture asiatiche stanno schiacciando l’industria italiana? La risposta la si può trovare nei minori costi di manodopera che bisogna pagare per poter far costruire le cose in Cina. Sono tante le aziende italiane che hanno delle fabbriche di produzione in Cina, dato che il costo di manodopera è nettamente inferiore a quello che si pagherebbe dovendo dare lavoro ad un italiano.

Oltre a questo, è indubbio che i cinesi abbiano una certa capacità imprenditoriale che li spinge ben al di fuori dei loro confini nazionali: bar, parrucchieri, negozi di abbigliamento, superstore e da qualche tempo anche supermercati, nulla è “esente” dalle mani cinesi.

Sale il numero di imprese industriali italiane che sono state acquistate dalla Cina. Due nomi su tutti: la Ferretti che dal 1968 costruisce grandi yacht di lusso e la Cifa, che dal  ben 40 anni prima (1928) crea macchinari per l’industria del calcestruzzo. Sono entrambe aziende che sono finite sotto la bandiera rossa con cinque stelle gialle. Sale anche il numero di aziende italiane in cui il “dragone” ha qualche interesse economico e commerciale, grazie a delle partecipazioni più o meno grandi.

Come a dire: la Cina sta comprando le nostre fabbriche e noi non riusciamo a farci nulla.